La tristezza di Joy.

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Joy il giorno in cui l’abbiamo trovata.

Abbiamo perduto Joy (allegria), ma non perderemo mai la speranza.

Tre anni fa, abbiamo dovuto prendere una decisione molto difficile per il nostro Progetto Nigeria.

Stavamo (e ancora stiamo) lottando quotidianamente per raccogliere fondi per prenderci cura dei nostri ragazzi nell’orfanotrofio e abbiamo dovuto sospendere l’attività di ricerca di bambini stigmatizzati, abusati e abbandonati.

Fino a tre anni fa, riuscivamo a salvare in media sette bambini all’anno da abusi e morte certa, e riuscivamo a intervenire in molti altri casi presso le famiglie e le comunità.

Io so che se i fondi di denaro non fossero un problema per noi, oggi, invece che circa 40 bambini, ne ospiteremmo nel nostro orfanotrofio almeno 60, che saremmo riusciti a portare via da una situazione di abuso e dal vagabondaggio per le strade.

Anche se, ufficialmente, abbiamo sospeso l’attività di soccorso, che generalmente aveva inizio a seguito di una segnalazione da parte di qualcuno, durante questi ultimi tre anni abbiamo comunque accolto quattro bambini.

La più recente è stata Joy.

Dopo avere ricevuto una segnalazione riguardo una bambina in condizioni terribili, la nostra squadra si è recata immediatamente al posto di polizia locale da cui era arrivata la chiamata.

Arrivando, la nostra squadra ha subito riconosciuto la bambina.

Una piccola creatura di circa otto anni, semi incosciente, sdraiata per terra ormai da giorni, ignorata da tutti, perfino dal personale della stazione di polizia dall’altro lato della strada.

La nostra squadra si recò pertanto senza indugio al luogo di polizia, dall’altro lato della strada, per denunciare lo stato di abbandono della piccola e chiedere autorizzazione per portarla in ospedale. Con nostra grande sorpresa, la Polizia non voleva registrare il caso né dare autorizzazioni. Al termine di una lunga discussione, la squadra ottenne permesso verbale e poté così agire rapidamente.

Dopo avere tentato di alimentarla senza successo, la nostra squadra la portò presso un ospedale locale dove venne immediatamente ricoverata e messa sotto alimentazione forzata; le vennero quindi fatti degli esami da cui emerse che, tra le tante problematiche di salute che aveva, Joy (il cui nome in quel momento non ci era ancora noto) era anche sieropositiva.

In breve, non appena recuperò un po’ di forze, l’ospedale locale ci raccomandò di portarla al centro universitario della capitale perché potesse essere curata meglio e così venne fatto, ma tutti gli specialisti che la visitarono ci dissero che non c’era ormai più alcuna speranza.

Quando riuscì a ricominciare a parlare, scoprimmo il suo nome: JOY. Dov’era la gioia dell’infanzia nella vita di Joy? Scoprimmo anche il nome della comunità da cui veniva e cercammo di entrare in contatto con dei familiari.

A quanto pare, entrambi i genitori erano morti ed un estraneo si era preso cura di lei, fintanto che non era sparita dal villaggio.

La nostra squadra rimase al suo fianco in ospedale, tentando di farla ridere e di alimentarla con speciali minestre e frutta. I medici ci spiegarono che non poteva prendere molte medicine a causa della sua debolezza.

Durante la notte, quando ritrovava le energie, gridava strani nomi e diceva cose senza senso.

Ad un certo momento ci spiegarono che non potevano più fare nulla per lei e ci chiesero di portarla a casa, di tentare di nutrirla e vedere se, per miracolo, si sarebbe ripresa. Così fu fatto.

Poco dopo essere arrivata presso il nostro centro, Joy trovò finalmente la pace e il riposo eterni,

Noi ci avevamo creduto fino alla fine e fino all’ultimo istante le abbiamo dato amore, abbiamo visto il suo ultimo sorriso e tutto quello che il mondo, con la sua morte, ha perso.

Per favore, aiutateci a compiere l’ultimo gesto di rispetto e a darle una sepoltura degna.

Potete fare una piccola donazione qui


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La storia di Shay